VITTORIO PECONI
SPORT'S HISTORY
Ha percorso tutta la sua vita in nome dello Sport
L' Uomo CONI
Vittorio Peconi ci ha lasciato nella prima mattina del 7 gennaio 2022. Il prossimo 22 marzo avrebbe compiuto 91 anni. E' stato Presidente dell'APEC nel quadriennio 2013-2017, e successivamente l'Assemblea dei Soci lo aveva acclamato Presidente Onorario dell'Associazione Pensionati, organismo in cui aveva iniziato ad operare nel 1996, anno del suo pensionamento, dopo 46 anni di attività professionale dedicata esclusivamente allo sport ed alla vita dell'Ente. Lo vogliamo ricordare con tre documenti importanti, dai quali emerge la personalità dell'illustre scomparso: uomo certamente mite, esatto contrario del "dirigente immagine", ma espressione più vera del professionale competente, responsabile, lavoratore inarrestabile.
CHI ERA VITTORIO PECONI
Vi proponiamo l'articolo di presentazione che fu pubblicato sull'allora periodico dell'Associazione, Il Notiziario dell'APEC, successivamente alla sua elezione a Presidente del nostro organismo.
Se dopo aver letto il suo curriculum professionale chiedessimo a Vittorio Peconi il suo luogo di nascita, e da lui ci sentissimo poi rispondere “il CONI”, non dovremmo sorprenderci più di tanto. Sì perché il nuovo presidente dell’APEC,, nato il 22 marzo del 1931, è entrato al Comitato Olimpico Nazionale Italiano in giovanissima età, nell’ottobre del 1950, chiamato per una sostituzione alla Federazione Pugilistica, e divenuto poi dipendente effettivo appena cinque mesi dopo, nel febbraio 1951.
Nel CONI, o meglio prevalentemente nella FPI, ha svolto la sua lunga carriera professionale, che qui brevemente riepiloghiamo.
Immediatamente inserito nei ruoli dell’organismo che gestisce la boxe in Italia, ha avuto vari incarichi e svolto varie mansioni per sedici anni consecutivi (… gli anni d’oro del pugilato italiano!), e durante questo lasso di tempo ha avuto anche il modo di essere uno dei delegati tecnici della Nazionale Italiana di questo affascinante sport alle Olimpiadi di Roma del 1960 (vedi articolo specifico a parte).
Poi, per le sue rinomate capacità di ragioniere, nonché per la sua profonda conoscenza dell’ambiente amministrativo delle Federazioni Sportive, allorquando nel 1966 il CONI diede vita all’accentramento contabile delle FSN, fu chiamato ad operare presso il servizio della Ragioneria Generale dell’Ente, ove è rimasto fino al 1972.
Ma appena portato “…a pieno regime” il motore contabile secondo le innovative direttive, e concluso quindi il suo compito di “trad-union” tra Federazioni e CONI, è voluto ritornare immediatamente al suo primo amore, la Pugilistica, ove è rimasto fino alla sua entrata in quiescenza. E stavolta con più importanti responsabilità: dal 1972 al 1974 è stato Vicesegretario Generale, e dal 1974 fino al 1986 ha ricoperto la carica di Segretario Generale. Altri quattordici anni quindi di coinvolgimento totale nel contesto del suo sport più amato, durante i quali, oltre all’importante responsabilità amministrativa, è stato Capo Missione per questo sport è in tutte le Olimpiadi fino al Los Angeles 1984.
Raggiunta l’età della pensione nel 1986, è uscito dai ruoli effettivi del CONI, ma una persona attiva come lui non poteva certamente rimanere “…a non far niente”, ed ovviamente ha continuato quindi ad operare all’interno del movimento sportivo in qualità di collaboratore, ma stavolta della Federazione Italiana Rugby, come responsabile del bilancio e della contabilità.
Nel 1966, dopo 46 anni di attività lavorativa, ha pensato bene di “…smettere di lavorare per professione”. Ma, ormai “il personaggio” lo abbiamo conosciuto di che pasta è fatto: ovviamente non poteva rimanere fermo, e allora ha pensato bene di venire a lavorare “da volontario” all’APEC. . E nella nostra Associazione, in tandem con Angelo Menna, ha trovato subito da fare qualcosa: dapprima è stato eletto Presidente dei Revisori dei Conti, poi è stato eletto membro del Direttivo, ricoprendo in tempi successivi la carica di Segretario e dal 2009 quella di Vicepresidente. Fino ad arrivare all’assemblea elettiva dell’8 febbraio 2013, ove con poco più del 91% dei consensi è stato eletto Presidente.
Post scriptum: dimenticavamo una informazione (per lui) importante: Vittorio picconi è nato a Roma, a Porta Cavalleggeri, ed a due passi dalla basilica di San Pietro. Scusate se è poco. (A.R.)
(dal Notiziario dell’APEC n° 65/68 del gennaio/giugno 2013)
MEMORABILI TRIONFI AL PALASPORT
Pubblichiamo l'articolo a firma di Vittorio Peconi, pubblicato sul numero speciale del Notiziario dell'APEC sulle Olimpiadi di Roma. Un racconto emozionato ed entusiastico da dove emerge la sua grande passione per il pugilato
Era il 15 giugno del 1955 quando arrivò, non del tutto inattesa, la notizia dell'avvenuta assegnazione a Roma della XVII Olimpiade dell'Era Moderna. Non stiamo qui a descrivere l'euforia che pervase immediatamente tutto l'ambiente del CONI e delle Federazioni Sportive per l'onore, non disgiunto dall'onere, di dover organizzare la massima manifestazione sportiva mondiale.
Il CONI istituì immediatamente un complesso Organismo addetto allo scopo - il C.O.R. (Comitato Olimpiadi Roma) - incaricato specificamente alla costruzione di quegli impianti sportivi di cui la città di Roma necessitava, dallo Stadio Flaminio, al Palasport dell'EUR e al Velodromo Olimpico, ivi compreso, naturalmente, il Villaggio Olimpico che avrebbe ospitato tutte le Delegazioni partecipanti alla manifestazione.
Con un intuito del tutto particolare il CONI, preso dai problemi di cui sopra, demandò l'organizzazione dello svolgimento delle singole discipline sportive alle rispettive Federazioni Nazionali.
Così che, a noi del PUGILATO, ci toccò - in armonia e sotto la direzione tecnica dell'A.I.B.A. (Association Internationale de Boxe Amateur) - l'onere di preparare l'intera organizzazione del Torneo che andava dall'allestimento delle palestre di allenamento, ai trasporti delle Rappresentative fin dall'arrivo aeroportuale e a tutti i trasferimenti connessi alle esigenze di gara, alla composizione dei programmi e alla formazione delle giurie, fino a mille altre esigenze che non sto qui ulteriormente a illustrare.
E' da tenere presente che gli atleti iscritti alle dieci categorie di peso, assommavano a 281 unità in rappresentanza di 34 Nazioni. Il torneo assunse la durata di 12 giorni, dal 25 agosto al 5 settembre, con turni di gara pomeridiani e serali.
La squadra italiana, che si preparava al Centro Sportivo della S.M.E.F. (Scuola Militare di Educazione Fisica) a Orvieto, era diretta dai tecnici, esordienti per l'occasione, NATALINO REA e ARMANDO POGGI, subentrati al "MAGO" Steve Klaus, dimissionario subito dopo le Olimpiadi di Melbourne 1956, divenuto poi Procuratore Sportivo del peso leggero professionista Duilio Loi, Campione del mondo.
La rappresentativa, completa in tutte le dieci categorie di peso, fu formata a seguito di un TORNEO NAZIONALE, composto da 4 atleti per categoria, i cui vincitori divennero i titolari della squadra olimpica. Era la prima volta che accadeva una selezione di tal genere; basti pensare che - tra gli altri - rimase fuori dalla squadra un pugile come Sandro MAZZINGHI, divenuto successivamente Campione del Mondo dei pesi medi professionisti. Comunque, Rea e Poggi, cresciuti sotto le ali del "Mago" Klaus, riuscirono a sorprendere e a sovvertire tutti i pronostici pessimistici che molti "ESPERTI DEL SETTORE" espressero sulla squadra Nazionale dopo i primi tre incontri eliminatori, ai quali parteciparono i nostri pugili, ottenendo una sola vittoria e due sconfitte. Si rifecero abbondantemente delle due sconfitte accumulando, per tutto il resto del Torneo, una sola ulteriore eliminazione, riuscendo così a portare a "MEDAGLIA" ben sette pugili. Il trionfo fu unico e imbattuto nella storia del pugilato olimpico italiano che ottenne TRE ORI, TRE ARGENTI E UN BRONZO.
Vittorio Peconi
IL SUO TESTAMENTO MORALE
Lo pronunciò il 7 febbraio 2017 in occasione dell'Assemblea Elettiva dell'APEC, con la sua ultima relazione ai Soci, ove aveva deciso di non riproporre la sua candidatura da Presidente. Un testo da leggere dal primo all'ultimo rigo.
Care amiche e cari amici,
Come ben sapete, questa è la mia ultima relazione all’Assemblea come Presidente dell’A.Pe.C. Ovviamente non posso negare che la cosa mi stia suscitando una certa emozione: ho infatti vissuto per tanti anni, in modo quotidiano e totale la nostra Associazione, che di fatto è diventata parte integrante della mia vita. Però il sottoscritto ha sempre improntato la propria esistenza su un concreto e sano realismo, per cui anche in questa occasione volutamente intendo evitare ogni vena nostalgica e rievocativa.
D’altronde, e chi ben mi conosce lo può confermare, ho sempre criticato gli incarichi a vita, e soprattutto ho sempre sostenuto come logico, giusto e naturale che quando si arriva ad una certa età (…ed io di età ho ben 86 anni) si ha il diritto-dovere di smettere e lasciare ad altri più giovani e più in forze di assumersi ogni responsabilità.
L’unica libertà rievocativa che mi permetto di prendere è quella di sottolineare con orgoglio il fatto che in tutti questi anni dedicati all'A.Pe.C., prima da consigliere, poi da Segretario, e quindi dal 2013 da Presidente, ho sempre cercato di dare il meglio di me stesso. Probabilmente, anzi sicuramente, il “mio meglio di me stesso”, può non essere classificato come “il massimo assoluto” e sicuramente anche io sono incorso in decisioni errate o parziali, ma con totale serenità posso affermare che in tutti questi anni ho cercato di agire in piena coscienza per il bene esclusivo dell'Associazione.
Ritornando al promesso concreto e sano realismo, e parlando quindi dell’A.Pe.C., in poche righe mi permetto di esporre una mia valutazione sulla situazione attuale dell’Associazione. E lo faccio in modo concatenato, affrontando parallelamente anche il dovere statutario di relazionarvi sugli aspetti essenziali che hanno caratterizzato l’ultimo anno trascorso.
Inizio da una considerazione inconfutabile: il mondo in cui viviamo è in continua fase di cambiamento, in ogni suo segmento. Ed anche il nostro ambito si è modificato in modo sostanziale: basti pensare che quattro, cinque anni fa gli associati erano oltre le mille unità ed oggi, pur con l’ingresso di nuovi soci, con difficoltà non raggiungiamo nemmeno quota ottocento.
Sono cambiate totalmente le condizioni che quarantantatre anni fa hanno favorito la nascita dell’A.Pe.C.: sia quelle riferite al contesto socio-economico del Paese, ove è emerso sempre più pressante un clima di incertezza ad ogni livello, sia quelle che erano caratteristica propria del “mondo CONI”, laddove, per una miriade di ragioni (soprattutto quelle connesse al trasferimento di gran parte delle competenze organizzative dell’Ente alle Federazioni Sportive, compreso il reperimento e la gestione del personale) è venuto meno il senso di comune appartenenza e di coesione tra operatori professionali dello sport.
La nostra Associazione, specie nell’ultimo quadriennio, si è trovata ad operare in situazioni difficili, che comunque si è riusciti a fronteggiare puntando soprattutto sulla qualità delle proposte, piuttosto che sulla quantità. Questo si è avvertito soprattutto nelle iniziative del tempo libero, ove si è cercato di risolvere la questione costi ottimizzando e razionalizzando i programmi, perché di contro, proprio le difficoltà della quotidianità hanno spinto l’A.Pe.C. ad incentivare la propria mission di patronato: la convenzione con l’Istituto di Medicina dello Sport, l’assicurazione sanitaria, l’assistenza fiscale in tal senso sono state le nostre punte di diamante.
Ma il deficit più evidente su cui voglio puntare il dito è rappresentato da un certo indebolimento del “sentire associativo”: forse è una mia sensazione, ma ho l’impressione che l’età che avanza si faccia sentire per tutti, per cui la disponibilità “fisica” ad operare si fa più problematica. Un fenomeno che tra l’altro mi vede in prima linea, motivo per cui ho deciso di fare un passo indietro. Approfitto di questo inciso per dire grazie, ad alta voce ed in modo davvero sentito, a tutti i colleghi operanti in Segreteria, che mi sono stati vicino ed hanno veramente dato il loro massimo perché il “motore A.PE.C.” non diminuisse di giri.
Però, partendo da questa mia sensazione (che ahimè presenta molti elementi obiettivi e veritieri), in questo mio ultimo atto di dirigente, ritengo doveroso lanciare da questa tribuna un invito a tutti i soci perché, ognuno nelle sue disponibilità e capacità, si impegni a recuperare in modo concreto il “comune sentire” verso l’Associazione, cercando di proporsi ed inserirsi nei percorsi di attività sociale in modo più attivo e diretto, più da soci soggetti che da soci utenti.
Vorrei ricordare che lo "stare insieme" in termini sociologici significa "sviluppare coesione", e la coesione ha sempre rappresentato la forza determinante per la crescita positiva di ogni organismo, anche di tipo associativo come il nostro. Dobbiamo essere convinti dell’importanza dello “stare insieme” e nel contempo dobbiamo evitare di “rimanere isolati”. La nostra Associazione, per Statuto, costituisce una opportunità insostituibile che garantisce a tutti coloro che vi fanno riferimento quell’energia positiva che sa sprigionare una "comunità di soggetti”.
Tra l’altro, con la riforma delle Associazioni Benemerite voluta dal CONI ed in vigore dal primo gennaio di quest’anno (argomento che volutamente non ho trattato, lasciando al dibattito assembleare l’eventuale approfondimento del tema) questo aspetto dovrà essere tenuto in maggiore considerazione, perché rappresenterà la nostra vera forza che esalterà sempre di più il nostro ruolo e la nostra identità nel movimento sportivo italiano.
Certo bisogna continuare a mettere in campo proposte che veramente soddisfino quanti più colleghi possibile, e tengano conto anche delle tante realtà contingenti (di salute, economiche, di effettiva disponibilità temporale) di ogni socio. Certamente si può fare di più di quello che è stato fatto fino ad oggi, ma sono altresì convinto che i colleghi che saranno chiamati ad occuparsi da domani della nostra Associazione, sapranno tener conto sempre di più delle tante realtà della vita quotidiana e sapranno formulare i progetti migliori, anche con modalità innovative ed originali rispetto agli anni passati. Ma perché sia possibile, non dimentichiamolo, ci vuole la disponibilità, quantomeno mentale di tutti noi a voler stare insieme. E’ il passo fondamentale perché poi questa disponibilità si materializzi in modo concreto. Con questo concludo la mia breve relazione, forse una delle più brevi presentate in Assemblea rispetto al passato, ma alla ritualità della descrizione in dettaglio di ciò che è stato fatto, in questo mio ultimo intervento da Presidente, ho ritenuto fosse più importante, più utile, anzi più giusto evidenziare i termini di un problema la cui migliore soluzione potrà incidere sul futuro stesso dell’A.Pe.C. Ve ne sono grato, anche perché il rapporto con tutti voi è stato il vero motore che mi ha spinto ad operare a favore dell’A.Pe.C. Grazie ancora amici, grazie con vera amicizia!
Vittorio Peconi